Archivio Diocesano - Massa

Norme per il contrasto di una pandemia del passato

titolo:

Fondo della Curia vescovile di Massa, serie “Atti straordinari dei vescovi”, sottoserie “Memorie di cura”.

autore:

Andrea Rossi, Modena 1849

Il colera asiatico

Mentre oggi assistiamo al diffondersi del coronavirus, l’Ottocento vide il propagarsi del colera asiatico.

Il suo arrivo in Europa fu favorito dall’aumento dei traffici commerciali a seguito della prima rivoluzione industriale. In quell’epoca si contarono sette grandi pandemie, che arrivarono a colpire l’Italia negli anni: 1835-1837, 1849, 1854-1855, 1865-1867, 1884-1886 e 1893. I documenti ricordano che il territorio di Massa e Carrara fu toccato particolarmente dalla virulenta epidemia del 1854.

Gli effetti del morbo erano aggravati dalla mancanza di igiene e dalla malnutrizione. I Governi tentavano di contrastare il contagio imponendo quarantene alle navi in arrivo nei porti e chiudendo i confini. Queste misure talvolta non bastavano e allora la malattia dilagava, senza che le autorità sanitarie dei vari Stati della penisola potessero reagire in modo idoneo, dal momento che gli interventi medici si limitavano a prescrizioni inutili, oppure dannose, come il salasso.

Prima dell’Unità d’Italia il territorio di Massa e Carrara era parte del Ducato austro estense di Modena e il Governo modenese intervenne con misure stringenti, soprattutto in termini di ordine pubblico: si temeva infatti che la sfiducia, la paura e l’impoverimento potessero alimentare tumulti. Le attività di profilassi furono invece scarse ed inefficaci; tra queste vi fu la diffusione alla popolazione di istruzioni e suggerimenti per cautelarsi dal contagio.

Testimonianze dal Fondo della Curia vescovile di Massa

Nel Fondo della Curia vescovile di Massa si conserva il carteggio prodotto nel corso dell’emergenza sanitaria dovuta alla pandemia di colera asiatico. Tra queste carte vi è uno stampato con le istruzioni per contrastare il contagio emanate dal Governo del Ducato austro estense di Modena. All’epoca il potere politico non disponeva di mezzi efficaci per diramare a tutta la popolazione le norme di comportamento che si riteneva potessero limitare l’infezione, per questo motivo le autorità amministrative facevano ricorso ai vescovi, confidando nella loro capacità di coinvolgere il clero diocesano. Su richiesta del Ministero dell’Interno con sede a Modena, la Curia vescovile di Massa procurò quindi di trasmettere ai sacerdoti le istruzioni governative, affinché fossero diffuse verbalmente a tutti i fedeli.

Le norme anti contagio

Le norme diffuse alla popolazione dal Governo di Modena rispecchiano il sapere scientifico dell’epoca, che era assai limitato. La medicina era divisa tra due correnti di pensiero: una riteneva che l’origine dell’infezione fosse l’aria corrotta, ovvero i miasmi prodotti dalla decomposizione di materiale organico, l’altra sosteneva che la trasmissione del morbo avvenisse tramite il contatto con individui infetti, ignorandone tuttavia la causa. Fu solo con gli studi di Louis Pasteur e di Robert Koch che la teoria dei germi crebbe di considerazione, finendo per prevalere su quella “miasmatica” nell’ultimo quarto dell’Ottocento.

Le istruzioni contenute nell’opuscolo emesso dal Ducato estense insistono soprattutto sul mantenimento di una buona qualità dell’aria, mentre mancano del tutto misure finalizzate a limitare o regolare i contatti tra contagiati e sani. L’anonimo estensore dell’opuscolo pubblicato nel 1849 mostra così di abbracciare la corrente “miasmatica” della medicina.

Malgrado l’enorme divario tra le conoscenze medico-scientifiche di allora e quelle attuali, alcune misure di profilassi evidenziano analogie con il presente. L’istruzione su come produrre disinfettante a base di cloro, ad esempio, richiama alla mente certi procedimenti per ottenere prodotti a base di alcol che circolano in rete. All’epoca le preparazioni galeniche erano la norma, mentre nelle prime fasi dell’emergenza Covid sono state riproposte per via del rapido esaurimento delle scorte.

Il rilevamento dei dati sul contagio

La contabilità dei contagi nelle comunità colpite dall’epidemia era tenuta dai sacerdoti, che tra i loro compiti avevano quello di portare il conforto spirituale agli ammalati. L’anagrafe moderna in Italia si ebbe solo dopo l’Unità, pertanto gli unici dati ufficiali erano proprio quelli forniti dai parroci, sotto forma di elenchi di infettati e di deceduti a causa del morbo. Copie di questi prospetti si trovano anche negli incartamenti della Curia; tra questi, i più dettagliati sono quelli riguardanti le parrocchie di San Pietro di Avenza e a di San Vito di Montignoso. Tra il 24 agosto e il 30 settembre 1855 il pievano di Montignoso conta 118 contagiati tra i sui parrocchiani. Di questi, coloro che ebbero un esito fatale furono 71. Particolarmente toccante l’elenco stilato dal priore di Avenza, don Giacomo Lazzini, che inizia col nome del proprio padre. I dati di Avenza, riferiti al periodo 6 agosto – 19 settembre 1854, vedono il contagio di 450 persone, di cui 227 decedute.

Un oggetto dalla devozione popolare

A ricordo della grande epidemia di colera del 1854 resta anche un oggetto prezioso conservato all’interno della Cattedrale di Massa: una lampada in argento di produzione milanese. L’opera fu realizzata nel 1855, ad emergenza appena conclusa; fu commissionata dal conte massese Ceccopieri in ringraziamento della fine dell’epidemia e fu posta come ornamento dell’altare del Santissimo Crocifisso, una scultura da sempre ritenuta miracolosa. L’oggetto è finemente cesellato e decorato con teste di angeli ed elementi che raffigurano la Passione di Gesù Cristo. Fra le iscrizioni che corrono sul fianco della lampada si legge: Redeptori generis humani sospiratori adversus morbum cholera Massa memor et fidens A.D. MDCCCLIV, cioè “Al Redentore del genere umano, salvatore contro il cholera morbus, Massa memore e fiduciosa nell’anno del Signore 1854”.

Per i più piccoli

Origine della quarantena

In questi ultimi mesi di emergenza sanitaria molte volte è stata usata la parola quarantena, ma… sai perché si usa proprio questo termine? Molto tempo fa terribili malattie, come la peste, si diffusero e sconvolsero l’Europa. La Repubblica di Venezia fu la prima ad imporre alle navi che entravano nel suo porto un periodo di isolamento della durata di 40 giorni per evitare il diffondersi di malattie. Il termine usato per indicare questo isolamento forzato fu proprio quarantina (quarantena nel Lingua veneziana del tempo). Sempre a Venezia, fu creato il primo lazzaretto dove confinare i contagiati; si trattava di una piccola isola posta vicino alla città, il Lazzaretto vecchio ancora oggi esistente.…Tutto questo accadeva quasi 600 anni fa!

Bibliografia

  • Eugenia Tognotti, Il mostro asiatico. Storia del colera in Italia, Bari, Editori Laterza, 2000, ISBN: 88-420-6056-9
  • Mariano Lallai, Corpus delle epigrafi della Cattedrale di Massa, Modena, Aedes muratoriana, 2017, ISBN: 978-88-941775-7-2