Archivio Diocesano - Aulla

Il codice AU con epistole di Francesco Petrarca

titolo:

Frammenti del Codice Au contenente il testo di epistole di Francesco Petrarca

datazione:

Sec. XIV (fine) o XV (inizi)

provenienza:

Archivio parrocchiale di Soliera

Serie battesimi:

vol. I 1624/1650

Serie morti:

vol.I 1624/1660

Un manoscritto ritrovato

c. 2 verso dopo il restauro

Nell’archivio parrocchiale di Soliera Apuana (Fivizzano) è stato rinvenuto un singolare caso di reimpiego:  due bifogli in pergamena, contenenti il testo di lettere del Petrarca, riutilizzati nel 1624 come copertine di un registro di battesimi e di un registro dei morti.

Vari studi hanno permesso di stabilire che questi frammenti provenivano da uno stesso codice, rimasto finora ignoto, che fu redatto alla fine del Trecento o, meno probabilmente, agli inizi del Quattro cento. Al codice è stato assegnato il nome Au perché le due pergamene sono conservate ad Aulla.

I frammenti contengono per intero la copia di due Epistole familiari del Petrarca e di una delle Varie (le lettere raccolte dagli ammiratori del poeta dopo la sua morte). Contengono inoltre parti frammentarie di altre nove Epistole (sei  Familiari, una delle Senili e due Varie).

I libri manoscritti

Biblioteca Municipale di Avignone, “libro di preghiere di Clemente VII” ms. 6733, c.55, anonimo amanuense provenzale, tra il 1378 e il 1383

Prima dell’introduzione della stampa i libri venivano trascritti a mano dagli amanuensi. Inizialmente si trattava di monaci che avevano il compito di copiare i testi presenti nelle biblioteche dei complessi monastici, ma intorno alla metà del duecento si diffusero anche botteghe scrittorie laiche, soprattutto nelle città dove sorgevano le università. Le personalità di rilievo disponevano certamente di copisti al loro servizio, che redigevano i testi sotto lo stretto controllo dei loro committenti. 

A differenza dei libri a stampa, che vengono prodotti in numerose copie tutte identiche fra loro, i libri trascritti manualmente erano inevitabilmente diversi l’uno dall’info_opera a causa degli errori di interpretazione o delle semplici sviste in cui ogni copista poteva incorrere. La filologia è la scienza che confrontando fra loro le diverse versioni manoscritte di un’opera letteraria cerca di ricostruirne la forma originaria. Da qui l’importanza di un ritrovamento come quello di Aulla che fornisce una versione fino ad ora sconosciuta delle Epistolae di Petrarca, trascritte in un’epoca molto vicina alla loro divulgazione da parte del poeta.

I reimpieghi: un patrimonio manoscritto tra perdita e recupero

Le pergamene prima del restauro

Con l’avvento della stampa i volumi manoscritti persero di attrattiva presso il pubblico di ogni estrazione e caddero in disuso. Il loro destino però non fu quello di essere buttati, ma riciclati: l’interesse nei loro confronti si rivolse a questo punto al supporto scrittorio. La pergamena infatti per la sua resistenza e durevolezza si prestava particolarmente alla realizzazione di copertine e legature di volumi e registri cartacei. È questo il processo grazie al quale le pergamene petrarchesche di Aulla sono giunte fino a noi:  riutilizzate nel secolo XVII per rivestire i registri dei battesimi e dei defunti della parrocchia di Soliera.

Il commercio fiorito intorno ai lacerti in pergamena determinò indubbiamente la dispersione di un prezioso patrimonio di testi manoscritti. Tuttavia il loro reimpiego come materiale per rilegatura ha consentito una forma di sopravvivenza, anche se occasionale e frammentaria, a manufatti librari che altrimenti sarebbero andati perduti.

Per i più piccoli

Fra le pagine di un libro

“Manoscritto Trivulziano”, il codice conservato nella Biblioteca Trivulziana di Milano contiene  il testo della Divina Commedia

Le fasi di lavorazione di un codice manoscritto erano complesse. Il supporto di scrittura, prima della diffusione della carta, era la pergamena, ricavata dalla pelle di animali da cortile come pecore, capre o mucche. Le pelli venivano trattate, ritagliate e levigate. I fogli così ottenuti venivano piegati a formare bifogli e predisposti alla scrittura tramite rigatura.

Il copista trascriveva il testo sullo specchio rigato ed in seguito, se il committente lo desiderava, si ricorreva a un miniaturista che ornava la pagina con elementi decorativi spesso concentrati nei capilettera, le lettere maiuscole che davano inizio ad ogni paragrafo.

In ultimo si provvedeva a legare insieme, in un unico volume, i fascicoli ottenuti inserendo i bifogli uno dentro l’info_opera. I fascicoli prendono il nome dal numero di bifogli di cui sono composti: duerno o duernione (2), terno o ternione (3), quaterno o quaternione (4), quinterno (5), senione (6), e così via.