Frammenti del Codice Au contenente il testo di epistole di Francesco Petrarca
Sec. XIV (fine) o XV (inizi)
Archivio parrocchiale di Soliera
Serie Battesimi vol. I 1624/1650
Serie morti vol.I 1624/1660
Con l’avvento della stampa i volumi manoscritti persero di attrattiva presso il pubblico di ogni estrazione e caddero in disuso. Il loro destino però non fu quello di essere buttati, ma riciclati: l’interesse nei loro confronti si rivolse a questo punto al supporto scrittorio. La pergamena infatti per la sua resistenza e durevolezza si prestava particolarmente alla realizzazione di copertine e legature di volumi e registri cartacei. E’ questo il processo grazie al quale le pergamene petrarchesche di Aulla sono giunte fino a noi: riutilizzate nel secolo XVII per rivestire i registri dei battesimi e dei defunti della parrocchia di Soliera.
Il commercio fiorito intorno ai lacerti in pergamena determinò indubbiamente la dispersione di un prezioso patrimonio di testi manoscritti. Tuttavia il loro reimpiego come materiale per rilegatura ha consentito una forma di sopravvivenza, anche se occasionale e frammentaria, a manufatti librari che altrimenti sarebbero andati perduti.
“Manoscritto Trivulziano”, il codice conservato nella Biblioteca Trivulziana di Milano contiene il testo della Divina Commedia
Le fasi di lavorazione di un codice manoscritto erano complesse. Il supporto di scrittura, prima della diffusione della carta, era la pergamena, ricavata dalla pelle di animali da cortile come pecore, capre o mucche. Le pelli venivano trattate, ritagliate e levigate. I fogli così ottenuti venivano piegati a formare bifogli e predisposti alla scrittura tramite rigatura.
Il copista trascriveva il testo sullo specchio rigato ed in seguito, se il committente lo desiderava, si ricorreva a un miniaturista che ornava la pagina con elementi decorativi spesso concentrati nei capilettera, le lettere maiuscole che davano inizio ad ogni paragrafo.
In ultimo si provvedeva a legare insieme, in un unico volume, i fascicoli ottenuti inserendo i bifogli uno dentro l’altro. I fascicoli prendono il nome dal numero di bifogli di cui sono composti: duerno o duernione (2), terno o ternione (3), quaterno o quaternione (4), quinterno (5), senione (6), e così via.
SCARICA IL PDF TUTTI GLI APPROFONDIMENTI TUTTI GLI APPROFONDIMENTI